Questo cielo l’ho guardato tante volte, ma quella notte era diverso.

Sono agronoma per vocazione, cresciuta tra vigne e ricordi, con un nonno che diceva che il vino nasce in campagna. Oggi so che nasce lì, ma prende forma in cantina, attraverso le mani, le scelte, le attese.

Ho sempre vissuto il vino come un racconto diretto, senza sovrastrutture. Da studentessa, a fine estate, passavo le giornate tra i filari a campionare le uve e ad analizzare i mosti, in attesa del momento perfetto per dare il via alla vendemmia.

Oggi cerco quella stessa verità in ogni bottiglia Oxenfeld.

Quella verità vive anche nei segni che accompagnano la mia famiglia da secoli. Il bue nello stemma, il cognome Bossi che deriva da bovis, il predicato “von Ochsenfeld” che significa “Campobove”: tutto parla di terra, di animali, di lavoro agricolo tramandato nel tempo.

Sono radici che si intrecciano con il cielo, dove la costellazione del Boote racconta la storia del pastore che custodiva i buoi e insegnò agli uomini l’arte dell’aratro. È la stessa costellazione che vegliava sui cieli di Sant’Antonio quando Oxenfeld è nato: una presenza luminosa, quasi un segno, che ci ha guidati e protetti all’inizio di questo cammino.

Nicola e Roberto

Il progetto vive grazie anche a Nicola Biasi, enologo pluripremiato da Gambero Rosso e Doctor Wine, che ha saputo leggere tra le righe del mio sogno e trasformarlo in realtà.
E grazie a Roberto Matuzzi, il mio capo-campagna, instancabile, presente, con il tocco magico del vignaiolo vero. Condividiamo valori prima ancora che obiettivi: rispetto, armonia, semplicità.

Come la vigna vive di equilibrio, così il vino nasce dall’armonia tra le persone.